Per Carlo Bernardini l’architettura preesistente non è mai una dimensione chiusa, finita, ma una realtà potenziale, ipotetica, con la quale instaurare accostamenti inattesi e suggestivi. Così le sue geometrie luminose penetrano il luogo e lo “fecondano”, proponendo un’estetica alternativa e una nuova modalità di relazione spaziale.
...Vedere è il modo in cui è possibile far nascere e crescere le idee (o gli interrogativi) con i quali gli uomini hanno da sempre interpretato la realtà. Ebbene, i disegni di luce, costruiti mediante dispositivi luminosi (fibre ottiche) che Carlo Bernardini fa rimbalzare fra le pareti dello spazio sono in qualche modo la rilettura dello spazio stesso e della sua storia. Quindi, una sorta di inquisizione di quelle che sono le condizioni visive del posto: di quello che esso è e di quello che potrebbe essere.
Per l’artista l’architettura preesistente infatti non è mai una dimensione chiusa, finita, ma una realtà potenziale, ipotetica, con la quale instaurare accostamenti inattesi e suggestivi. Così le sue geometrie luminose penetrano il luogo e lo “fecondano”, proponendo un’estetica alternativa e una nuova modalità di relazione spaziale: ma soprattutto trasformano l’architettura da contenitore a opera d’arte essa stessa.Qui non si hanno più veri perimetri o confini, ma un habitat che entra a far parte dell’intero gioco installativo.
STEFANO MARIO ZATTI LA FORMA DELLE PAROLE A cura di Robert Phillips e Matilde Nuzzo
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